aspettando il 25 novembre…attenzione ai falsi amici

Aspettando il 25 novembre giornata contro la violenza sulle donne…Guardiamoci dai falsi amici!

Toscana notizie il 18 novembre ha pubblicato un articolo intitolato “Codice Rosa, nel 2013 oltre 2.200 casi nelle 10 Asl toscane”. L’articolo insiste in più punti sull’attività di “tutela delle fasce deboli della popolazione, quelle che possono essere maggiormente esposte a episodi di abuso e violenza: donne soprattutto, ma anche minori, anziani, disabili, omosessuali, immigrati, ecc”.

Questa affermazione è molto grave perché implicitamente spiega la violenza con una presunta debolezza, come se i deboli richiamassero la violenza e qualcuno dovesse salvarli. Invece il problema è chi mette in atto la violenza, sono loro i colpevoli, che non hanno nessuna giustificazione, tantomeno la debolezza delle vittime. Forse chi scrive queste cose e pensa queste cose è convinto di vivere nella giungla e che ci sono vittime e carnefici, nient’altro. Forse questo è vero nel loro immaginario, forse fra i loro amici e conoscenti, forse nell’ideologia e nelle pratiche dei loro partiti, ma non in tutta la società che non è mai stata solo questo. Perché esistono donne e uomini diversi.

Prima di tutto va notato che chiunque viene fatto oggetto di violenza per qualsiasi ragione, in circostanze favorevoli alla violenza, farebbe fatica a difendersi. Sarebbe debole per questo o parte delle fasce deboli? Allora lo saremmo tutti. La violenza non dipende dal fatto che non ci si sappia difendere perché si è deboli, ma dal fatto che chiunque sarebbe contestualmente debole di fronte a una violenza ben organizzata nel giusto numero o con dovute armi (humm…). Il sessismo ed il razzismo costruiscono attraverso ideologie e giustificazioni la loro vittima e la rendono socialmente debole, cioè le tolgono potere. Chiunque fosse oggetto di discriminazione diventerebbe debole.

La questione è che si focalizza l’attenzione sulla vittima e si cercano le ragioni della violenza in lei, invece di cercarle in chi mette in atto la violenza. Si scruta la vittima e si cerca di credere che se lo è andata a cercare, o che non ha saputo difendersi, o semplicemente che è debole, in sostanza è colpa sua. Criminalizzare le vittime è una caratteristica dei fascismi, una pratica così diffusa da noi, dove non sono finite le ideologie ma ne è rimasta una dominante, quella di destra, fondata sulla diseguaglianza, sulla gerarchia e sulla violenza.

Questo considerare minori (o minorati) alcuni soggetti è un esempio di discriminazione. Che contribuisce a creare altra discriminazione e quindi altra violenza. Infatti la violenza spesso è desiderio di controllo su soggetti che si ritengono minori o incapaci di agire ed esistere autonomamente. Per questo l’appellativo di fasce deboli è così pericoloso ed è una delle cause della violenza. Chi lo usa dovrebbe pensare di più a quello che dice e a cosa significa, perché è possibile “fare cose con le parole” (J.L. Austin). E tra l’altro questo atteggiamento spiega la violenza con le caratteristiche di chi la subisce, invece che con le caratteristiche di chi la mette in atto.

Così, quanto spesso sentiamo che una donna subisce violenza perché non sa come comportarsi (chissà cosa gli ha fatto per essere uccisa!), perché va dove non deve andare o perché non si sa difendere da un marito violento (perché non lo ha lasciato?). No, non è colpa sua se subisce violenza ma di chi la perpetra: sempre. Il problema non è chi non sa difendersi ma chi fa della violenza e del potere i caratteri prioritari dei suoi rapporti sociali. L’obiettivo deve focalizzarsi e indagare il carnefice, il violento: cosa sarebbe, in opposizione alle fasce deboli sarebbe la fascia forte della popolazione? E di quale forza stiamo parlando, di quale società stiamo parlando?!

La violenza è colpa di chi la fa, di chi crede nella gerarchia, nella prepotenza, e non ha giustificazione nei supposti caratteri della vittima.

L’aiuto alle vittime di violenza è necessario. Ma lo scopo deve essere impedire la violenza contro le donne. Questo si può ottenere solo cambiando una mentalità di cui fa parte l’idea che esistano fasce deboli e fasce forti nella società, il che implica che l’unico modo per non subire violenza sia essere nella squadra dei forti, quella che la violenza la fa.

Rispetto a una società di forti e di deboli, l’unica via d’uscita è costruire ben altre relazioni sociali. Su la testa!

Marvi Maggio – delegata cobas RSU Regione Toscana

Una risposta a “aspettando il 25 novembre…attenzione ai falsi amici

  1. Bell’articolo e vero in tante sue parti!! Purtroppo questo atteggiamento (ciò che viene chiamato in inglese ‘victim-blaming attittude’), è così diffuso e radicato nella società che ci vorranno secoli per vederlo sparire 😦

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