RSU della Regione Toscana per la ex GKN

Abomini islamisti: da Haniyeh/Hamas alle “gabbie” di Centocelle per le donne dell’Islam

Abomini islamisti: da Haniyeh/Hamas alle “gabbie” di Centocelle per le donne dell’Islam

Ho scritto parecchio nel recente passato per motivare perchè, a mio parere, almeno buona parte della sinistra conflittuale italiana dovrebbe provare ostilità e massima distanza da Hamas, dall’Iran, dalle dittature fascio-islamiste, corresponsabili con Israele delle sofferenze palestinesi, ma con scarso successo, al punto da farmi pensare all’inutilità di continuare a produrre materiali in materia. Trovo drammatico che in gran parte delle mobilitazioni di queste settimane, e non solo in Italia, Hamas e l’Iran vengano, seppur non sempre esplicitamente, cosiderati degli alleati dei palestinesi nella lotta contro gli orrendi massacri di Israele a Gaza, peraltro sorvolando sbalorditivamente sulle atrocità del 7 ottobre, presentate addirittura come “riscatto del popolo palestinese” e glorioso atto di “Resistenza” con la R maiuscola, nonchè sui quotidiani crimini contro il proprio popolo perpetrati dalla ultra-reazionaria dittatura islamo-integralista iraniana.

Ma nel contempo mi appare altamente preocupante pure il filo-islamismo che si diffonde, in concomitanza con la indispensabile mobilitazione a fianco dei palestinesi, nel mondo “occidentale” e che fa trovare accettabile (con il mantra “è la loro cultura, bisogna rispettarla“)  gli abomini nei confronti non solo dei dissidenti politici, ma delle donne, dei diversi orientamenti di genere e sessuali, messi in opera quotidianamente nei regimi fascistoidi dell’integralismo islamico, in primis l’Iran, e nelle organizzazioni collegate (Hamas, Hezbollah, Houthi ecc.), sotto il manto di una religiosità ripugnante e soffocante. E mi viene da pensare: ma come è possibile? Una sinistra che in Italia si è battuta per decenni contro il ruolo della chiesa cattolica (peraltro assai meno intollerante, qui ed ora, degli oppressivi culti islamisti), che ha lottato contro il crocefisso nei luoghi pubblici, che ancora negli anni’60 ha contribuito in maniera decisiva a cancellare il delitto d’onore, i matrimoni riparatori (anche quella era considerata  “cultura popolare”, no?). E che mo’ si beve un integralismo islamismo che in Europa punta a diventare una sorta di religione ufficiale e di Stato, con le sue feste nazionali riconosciute, che vuole imporre, nei territori che sta “colonizzando”, i suoi rituali ostili a più di mezza umanità (donne e “diversi”), con l’imposizione della Sharia islamica come regola di vita, incompatibile con la Costituzione, con il rispetto dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere, mentre dove tale islamo-integralismo domina, ogni diversità politica, culturale, sociale, religiosa, di costumi e orientamenti sessuali viene ferocemente repressa.

Però, appunto, in questi mesi ho cercato di controllare le mie preoccupazioni, non riscontrandone per lo più di altrettanto forti nel mondo politico e sindacale in cui sono immerso: e, fino ad oggi, avevo persino smesso di scrivere su questo tema finanche nelle nostre liste interne COBAS. Poi, però, è accaduto qualcosa che mi ha aumentato ulteriormente lo sconcerto, trasformandolo in indignazione, al punto da impedirmi di tacere ulteriormente. E il “qualcosa” si è concretizzato in due eventi nel giro di un paio di giorni. Innanzitutto, giovedi scorso, Haniyeh, leader di Hamas, che se ne sta comodamente in lussuosi alberghi del Qatar con una buona parte dei suoi familiari, mentre migliaia di palestinesi – che Hamas utilizza da anni come scudi umani nella propria “guerra santa” contro ebrei, cristiani e Occidente – vengono massacrati dall’esercito israeliano, indifesi e senza colpa alcuna, riceve la notizia che tre dei suoi figli e quattro nipoti sono stati ammazzati in un raid israeliano. Ecco la sua reazione, propagandata da lui stesso e dai suoi sodali: “Ringrazio Allah per l’onore che mi ha concesso. I miei figli e nipoti sono morti come martiri sulla strada della liberazione di Gerusalemme…E adesso continuiamo la nostra visita e andiamo a lavorare“.

Certo, si potrebbe dire che di figli Haniyeh ne ha tredici e di nipoti alcune decine e che magari quelli che gli interessavano davvero se li è portati al sicuro in Qatar. Ma qui c’è qualcosa di più che ha a che fare con l’attuale islamismo estremista, sempre più egemone, grazie anche alla criminale strage israeliana a Gaza, pure tra i correligionari che vivono in Europa. Il fatto è che l’ideologia di Hamas e dei fascio-islamisti esalta sempre e comunque la morte per la jihad, per la “guerra santa”, per Allah, nonchè il martirio come fine massimo a cui orientare la vita dei fedeli fin da piccoli, con la conseguente grande gloria per i “martiri”. Nonchè collegando grottescamente tale “martirio” con quel “premio” che da solo dovrebbe far considerare questa religione la più barbara e risibile del pianeta: quella concessione ai “martiri” maschi, nel Paradiso islamista, di una falange di 72 (anche se sui numeri c’è da secoli una “seria” discussione tra i teologi dell’Islam) Uri vergini, per la cronaca coranica con “seni gonfi e vagine appetitose” mentre “l’erezione dei peni dei martiri sarà eterna” (invece, assai più parcamente, alle donne “martiri” spetterà un solo uomo, e se lo dovranno far bastare). Possibile che tutta queste mostruosità ideologiche, culturali, morali e pratiche non bastino per provare ripugnanza e massima distanza nei confronti di regimi e organizzazioni che usano barbaramente la religione per imporre orripilanti valori del genere, in nome dei quali mandano al massacro una moltidudine di persone dai pensieri così puerili da orientare la propria vita, e sovente sacrificarla, in base a questa schifezza culturale, ideologica, morale? Possibile che una sinistra conflittuale, vastamente intesa, che non ha mai fatto sconti all’integralismo cattolico, all’uso strumentale della religione con arma di dominio e di controllo dei popoli, che ha giustamente sollevato scandalo per ogni riduzione dei diritti delle donne e delle minoranze di genere e di orientamento sessuale, possa non solo non combattere frontalmente tutta questa barbarie proto-medioevale ma neanche aver nulla da ridire come ripulsa ideologica, politica e morale?


Poi, a distanza di un paio di giorni, e con un po’ di ritardo, ho visto le raggelanti immagini della “festa” islamista a Centocelle per la fine del Ramadan. In Piazza dei Mirti, piazza centrale del popolare quartiere romano, i maschi islamisti pregavano liberamente inginocchiati. Le donne invece erano confinate in un recinto, una vera e propria gabbia “animalesca”, chiusa da teli che impedivano loro persino di guardare i familiari in preghiera “libera”. Mi domando: ma ‘ste immagini nessuna femminista o “transfemminista” italiana o genericamente “donna de’ sinistra” le ha viste? Non suscitano indignazione, repulsione, voglia di protesta, soprattutto a sinistra? Lasciamo addirittura alla destra la protesta contro questo insulto alle donne, alla Costituzione italiana, alla democrazia, al rispetto dei diritti più elementari? Tale oppressione delle donne e loro umiliazione, che sappiamo bene avvenire quotidianamente nei regimi dittatoriali islamisti, e che qui da noi appare a me già insopportabile quando si svolge nelle case o nelle moschee, dovrebbe spingere alla più forte indignazione almeno quando si svolge in una pubblica piazza. O no? Mi si potrebbe rispondere: ma di cosa ti meravigli? Non è oramai evidente da tempo che gran parte della sinistra conflittuale e del “transfemminismo”, pronta a reagire duramente, e giustamente, a qualsiasi sopruso nei confronti delle donne e delle minoranze di genere e di orientamento sessuale, quando il vulnus è provocato dalla chiesa cattolica o cristiana o genericamente dall'”Occidente”, è singolarmente indulgente nei riguardi di imposizioni disgustose se ad agirle sono forze o paesi extra e anti-“occidentali”? Che così facendo – si sostiene – difenderebbero le loro “identità” e “costumi”, in nome di un preteso “multiculturalismo” che fa da alibi a qualsiasi orrore nei confronti soprattutto delle categorie citate? E non è lo stesso meccanismo che di fronte alla più entusiasmante e popolare rivolta di massa contro le dittature islamiste, quella che ha visto centinaia di migliaia di donne protagoniste contro gli orribili satrapi dell’Iran, sia le organizzazioni “transfemministe” sia tanta parte della sinistra conflittuale hanno palesato un assai tiepido sostegno (neanche un centesimo di quello messo in campo, giustamente, per il popolo palestinese), qualcosa che, in termini per noi consueti, mi fa dire che non è stato raggiunto neanche il “minimo sindacale”? E non è stato sconcertante anche il silenzio maggioritario, o la flebile “indignazione” – nel timore, immagino, che una ripulsa ben più forte e adeguata apparisse una sorta di sostegno a Israele – rispetto al mostruoso evento che ha aperto la strada alla feroce rappresaglia israeliana e allo sterminio a Gaza, cioè la barbarie del 7 ottobre, con centinaia di donne stuprate, mutilate, squartate, ammazzate e portate a Gaza come macabri trofei di guerra, e il massacro etnico che ha coinvolto bambini e anziani indifesi, inermi e senza alcuna responsabilità “militare”?

Esiste però, a mio parere, una spiegazione e una lettura di questi comportamenti apparentemente schizofrenici. Gli è che in questi anni la sinistra conflittuale italiana (di cui il “transfemminismo” è filiazione), ha perso via via tutti i propri principali riferimenti ideologici e politici, la lotta di classe, la centralità operaia, la possibile rivoluzione in Occidente e finanche la basicità del conflitto Capitale-Lavoro; ed è andata cercando affannosamente altre “centralità”, con lo stesso schema unilaterale della “leva che solleverà il mondo”, della contraddizione dominante e decisiva, quella che metterà davvero in crisi il capitalismo: il lavoro mentale proletarizzato, e poi i migranti, e l’ambiente, e il clima, e le diversità di genere e di orientamento sessuale ecc. Ma almeno un punto fermo è rimasto: il super- nemico, l’unico e vero oppressore mondiale dell’umanità, dal ’68 ad oggi non è mai cambiato: l’imperialismo USA. Niente ha mutato questo assioma, nemmeno l’evidente considerazione che la Russia oggi è un imperialismo almeno altrettanto aggressivo degli Stati Uniti avendo a disposizione una sola arma, quella militare – a differenza degli statunitensi che hanno pur sempre la principale forza economica mondiale per mantenere la propria potenza planetaria -, e la usa in permanenza anche dopo il tracollo dell’Urss, dall’Afghanistan alla Cecenia, dalla Georgia al Nagorno Karabhak, dalla Siria ai vari scacchieri africani, dall’occupazione della Crimea fino alla spietata aggressione dell’Ucraina, le cui decine di migliaia di vittime sembrano non provocare  tra tanta compagneria neanche un pallido riflesso dell’indignazione riservata, giustamente, ai massacri a Gaza. Per non parlare del neocolonialismo cinese, che continua senza sosta la sua penetrazione soprattutto in Africa o del bellicismo iraniano che esporta aggressioni e terrorismi a livello mondiale. No, l’unico e solo nemico dell’umanità resta per gran parte della sinistra conflittuale solo l’America statunitense e l’Occidente suo retroterra e alleato: e allora si spiega, in base alla logica del “nemico del mio nemico che diventa il mio migliore amico” la massima tolleranza , o aperta simpatia, per Hamas, Hezbollah, Houthi, Iran e compagnia, e l’appoggio, neanche tanto velato, al regime putiniano e ai suoi alleati nel mondo.

Certo, mi si potrebbe obiettare: non facevate così anche voi del ’68 e del Decennio rosso? La maggioranza di voi non esaltava l’orrido regime maoista in Cina, obiettivamente, almeno a posteriori lo possiamo dire, pure peggiore del putinismo attuale? E non è vero che persino la Corea del Nord, una delle dittature più orride dell’ultimo secolo, campeggiava nei vostri slogan principali (Cina, Corea, Cuba, Vietnam, era in effetti uno degli slogan da corteo più “gettonati” all’epoca)? E quante proteste provocò tra voi ad esempio l’invasione sovietica della Cecoslovacchia? E anche allora il motivo dominante non era proprio quello in base al quale il nemico del mio nemico (USA) diventava amico, al di là degli abomini perpetrati a casa propria? Tutto vero: ma proprio perchè stiamo assistendo alla ripetizione degli stessi meccanismi che tale rivisitazione del dejà vu fa, almeno a me, parecchio male. Pur se, in verità, essa dimostra ancora una volta come in effetti sia falso l’assioma che “la storia è maestra di vita“, dato che ogni generazione vuole fare o rifare gli errori che preferisce, quand’anche essi siano la riproposizione fedele di analoghe castronerie operate solo pochi anni prima dalle generazioni immediatamente precedenti.

Piero Bernocchi

buon primo maggio

fischia il vento….

Certezza e tempo: due elementi discriminanti

Certezza e tempo: due elementi discriminanti

Per rispondere alle note diatribe

Partiamo da un dato di fatto: ad oggi non c’è un nuovo contratto integrativo fondato sul nuovo CCNL 2019-2021, semplicemente perchè non ci sono ancora stati i tempi sufficienti per dargli vita. Sarà fatto in pochi mesi, ci vorrà di più? Non è dato saperlo con certezza. Quali regole saranno definite per i differenziali? Nessuno può dirlo con certezza.

Le PEO le possiamo fare ora con il vecchio contratto integrativo: pochi, maledetti (?) ma SUBITO.

Non è cosa di poco conto.

Il nuovo contratto integrativo ci sarà, ma ora non c’è. NON RIMANDARE A DOMANI QUELLO CHE PUOI FARE OGGI.

I futuri bellissimi sono appunto bellissimi ma l’importante è il presente e il certo.

Il certo e l’incerto sono due piani completamente diversi.

Quasi tutti hanno fatto due PEO con il vecchio contratto, finiamo quindi il processo.

Conticini dicono che qualcuno ci perde rispetto al futuro? Ma ci guadagna in tempo, ed il tempo è denaro, ci guadagna in certezza, (una cosa fatta è certa una non fatta ma progettata è un semplice progetto) ma è certo che qualcuno ci guadagna (alcuni passaggi fra livelli sono maggiori con il vecchio sistema rispetto al nuovo): bene per chi ci guadagna come ci hanno guadagnato tutti gli altri prima di lui rispetto a quanto avrebbero fatto con le nuove regole sui differenziali.

L’anno prossimo alle nuove PEO 2024 avranno accesso tutti, anche gli ex apicali, e chi le ha avute quest’anno aspetterà il suo prossimo turno.

Quanto allo stato di agitazione, è più vivo che mai, E NON E’ MESSO IN DISCUSSIONE DAL FATTO CHE PRENDIAMO LO STIPENDIO E OTTENIAMO QUELLO DI CUI ABBIAMO DIRITTO COME LE PEO, ANZI DOBBIAMO CHIEDERE SEMPRE DI PIU’!

LE PEO SONO UN NOSTRO SACRO DIRITTO E NON UNA CONCESSIONE DELLA CONTROPARTE.

Pensare che durante lo stato di agitazione ci si debba contrire rispetto alla controparte, è una logica incredibile per i lavoratori! Dobbiamo invece prentendere di piu!

E oggi si è firmato l’accordo in via definitiva. Alla faccia di chi era contrario, è fatta.

Marvi Maggio – COBAS Regione Toscana

per chi non lo avesse ancora letto, siamo sul fatto quotidiano con la nostra lotta che continua!

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/29/per-pagare-gli-staff-di-assessori-e-consiglieri-la-regione-toscana-toglie-mille-euro-allanno-ai-dipendenti-la-protesta-dei-sindacati-continua/7104442/

parlano della nostra lotta

Lo stato di agitazione continuerà fino a quando l’amministrazione non restituirà quanto sottratto dal fondo del 2021 e fino a quando non si faccia carico a proprie spese e non del nostro fondo, del salario accessorio degli staff degli organi politici di giunta e del consiglio.

Ora vogliamo fatti!

Come ci siamo detti, è importante che la nostra lotta sia nota anche all’esterno degli uffici regionali, e l’articolo di cui vi indico qui il link, appartos sul Fatto Quotidiano, va in questa direzione

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/29/per-pagare-gli-staff-di-assessori-e-consiglieri-la-regione-toscana-toglie-mille-euro-allanno-ai-dipendenti-la-protesta-dei-sindacati-continua/7104442/

Marvi Maggio – Cobas Regione Toscana

lottare per vincere o aspettare di vedere se per caso si vince

lottare per vincere o aspettare di vedere se per caso si vince

Come COBAS abbiamo fatto parte della maggioranza che in RSU ha votato a favore delle PEO da fare subito, entro il 31 marzo 23, utilizzando il contratto integrativo del 2019. E lo abbiamo fatto con la massima convinzione.

E’ vero che il nostro fondo del salario accessorio è stato attaccato con la massima aggressività, da un decreto dirigenziale per il 2021, con sottrazione dal fondo 2021 di 1.937.775,91 euro, e per gli anni dal 2022 in poi, dalla legge regionale 2/2023.

Come è vero che la simulazione del fondo del salario accessorio 2022-2026 realizzata in base allo stato di fatto normativo, cioè alla ben note decurtazioni, consegnata dall’amministrazione alla RSU, conferma le nostre preoccupazioni e la nostra protesta: il confine che non si passa.

Nella simulazione la somma dedicata al trattamento del salario accessorio del personale di supporto è intorno ai 2.000.000.

Una scelta affrettata e basata su un presunto senso di debolezza, avrebbe potuto indurre a dire, “non si fanno le PEO, perché se no si usa il fondo già smunto dai dispositivi sopra citati”. Così, per assurdo, si sarebbe lasciato il fondo a disposizione di una sottrazione di risorse ingiusta, pagando ancora una volta noi, con una rinuncia, i problemi creati da altri.

La scelta della maggioranza della RSU è stata invece una scelta molto saggia e conscia della propria forza, che è sempre imbattibile, quando invece di chinare la testa, con il cappello in mano, la teniamo ben alta e lottiamo individualmente e collettivamente per i nostri diritti e il nostro reddito. Proprio come abbiamo fatto con le straordinarie 2 assemblee e con il grande presidio.

Così utilizziamo risorse per le PEO (951.697 euro per 691 colleghi) in gran parte provenienti da chi andando in pensione ce l’ha lasciate sul fondo e in minor parte da altre risorse presenti nel fondo atte allo scopo. Proseguendo le PEO degli anni scorsi e facendo da ponte a quelle successive.

Non usare le risorse per lasciare che qualcuno le utilizzi per sé? Manco a parlarne!

Noi non reputiamo che si debba attendere che il fondo si rimpinguato per utilizzarlo. Perché sappiamo che con la nostra lotta otterremo che la soluzione arrivi molto prima del prossimo anno, quando, senza la nostra lotta, ci sarebbe stato un segno meno sui residui.

La storia molto spesso è prodotta dalla somma di tante individualità che cambiano i fatti, quindi sta a noi: lottare per vincere o aspettare di vedere se per caso si vince.

E sia chiaro che questo accordo per le PEO non tange in alcun modo lo stato di agitazione che prosegue come non potrebbe essere altrimenti, vista la giusta rabbia che abbiamo accumulato contro una ingiustizia inaccettabile.

Lo stato di agitazione continuerà fino a quando l’amministrazione non restituirà quanto sottratto dal fondo del 2021 e fino a quando non si faccia carico a proprie spese e non del nostro fondo, del salario accessorio degli staff degli organi politici di giunta e del consiglio.

E non ci fermiamo qui: oltre alle PEO e al fondo reintegrato con quanto è stato sottratto e quanto vorrebbero sottrarre in futuro, è necessario un nuovo ciclo di progressioni verticali, specifiche responsabilità al livello maggiore possibile per tutti, indennità riparametrate verso l’altro, eliminazione delle regole vessatorie da ancien regime per sostituirle con la democrazia organizzativa: in sintesi più diritti e più reddito. 

E per tutto questo, la lotta continua.

Marvi Maggio – Cobas Regione Toscana

I WON’T Back down

GKN non si tocca

INSORGIAMO!

25 MARZO MANIFESTAZIONE NAZIONALE a FIRENZE

Mentre lottiamo per i nostri diritti qui in Regione Toscana, viene da sè essere parte della lotta del Collettivo di Fabbrica GKN.

Ora è un momento di svolta e il collettivo lancia una manifestazione per il 25 marzo a cui dovremo partecipare tutti, se vogliamo davvero cambiare i rapporti di forza e non trovarci più schiacciati dalle prevaricazioni e dalle prepotenze di chi esercita il potere: economico, politico, di classe, di genere.

Qui di seguito il loro appello, e in fondo il link al loro sito web per essere informati.

GKN non si tocca

INSORGIAMO!

25 MARZO MANIFESTAZIONE NAZIONALE a FIRENZE

Marvi Maggio – Cobas Regione Toscana

Quello che stanno facendo alle lavoratrici e lavoratori QF ex-Gkn Firenze non può essere più permesso.

Cosa ci stiamo giocando in Gkn? E perché ce lo stiamo giocando ora?

Nel 9 luglio del 2021 la Gkn di Firenze sale alle cronache nazionali: una mattina, una mail licenzia tutti i 422 lavoratori. Da lì scaturisce una lotta che ad oggi è già storia: l’assemblea permanente, il motto Insorgiamo, la convergenza con il resto delle lotte sociali e ambientali e molto altro.

Quei licenziamenti vengono sconfitti. Prendono con il tempo però un’altra forma: quella dei licenziamenti per logoramento, silenziosi, non dichiarati ma ugualmente efficaci. 

Ad oggi sono stati bruciati 220 posti di lavoro: 90 dei quali nell’ultimo anno con l’arrivo della nuova proprietà. Si tratta di Francesco Borgomeo, il quale acquista la Gkn nel dicembre del 2021. E l’ex advisor di Gkn e gli accordi tra lui e Gkn stessa rimangono riservati. Fa grandi promesse ma, di tavolo in tavolo, di rinvio in rinvio, non arrivano né piani industriali né investitori. Le istituzioni tollerano di fatto tale gioco: ad ogni incontro istituzionale la pazienza non ha mai limite ed ogni limite trova una nuova pazienza.

Il Collettivo di Fabbrica la chiama da subito la tattica della rana bollita: la rana viene cotta a fuoco lento, senza che se ne renda conto. E quando infine capisce di essere stata giocata, non ha più la forza per saltare via.

Da 20 mesi l’assemblea permanente è sempre la stessa, stesso obiettivo: preservare una risorsa industriale, tutelare i posti di lavoro. L’obiettivo dell’azienda, evidentemente anche: mandare via i lavoratori dalla fabbrica e smantellarla. La speculazione finanziaria ha forse semplicemente lasciato il posto a quella immobiliare.

Contro ogni previsione, l’assemblea permanente però resiste. E allora l’attacco dell’azienda si fa sempre più feroce. Dal logoramento passa a quella che abbiamo chiamato: la tattica dell’assedio. Assedio “per fame”: da novembre 2022 non vengono più pagati gli stipendi. Viene di fatto azzerato il contratto nazionale e interno: diritti acquisiti da 60 anni di lotte, ereditati internamente dalla vecchia Fiat di Novoli. Se osano comportarsi così, in una vertenza nazionale e alla luce del sole, cosa succede quotidianamente nelle piccole aziende, nei capannoni, nei magazzini, nei campi, nel turismo stagionale?

Si cerca di fare terra bruciata attorno agli assediati, a screditare la RSU, il Collettivo di Fabbrica, il movimento delle solidali e solidali, la Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo, l’assemblea permanente. 

Ma la lotta Gkn non è solo resistenza. E’ anche un progetto. Il Comitato Tecnico Scientifico del Collettivo ha progetti industriali, avanzati, sociali, mutualistici ecologici. L’intervento pubblico chiuderebbe la partita in cinque minuti e permetterebbe di renderli realtà. Ma i lavoratori sono pronti a ripartire a tutti i costi, anche con le proprie gambe, valutando l’autogestione cooperativa. Lanciano infatti un nuovo Insorgiamo tour e una vasta campagna di raccolta fondi.

Gkn è in bilico tra essere un ulteriore caso di scuola su come si chiudono le aziende o un precedente che può scompaginare in positivo l’intero metodo di lotta contro licenziamenti e precariato, di avvio di una reale transizione ecologica.

L’assemblea permanente chiama oggi a una nuova mobilitazione di popolo, operaia, di intellettuali, artisti solidali, dalla parrocchia al centro sociale, di tutte le organizzazioni sindacali, mutualistiche, dei movimenti ambientalisti e transfemministi il 25 marzo a Firenze.

Per la rana è arrivata la necessità di saltare. O la peggiore sconfitta o un salto verso il futuro. Ognuno al proprio posto. Liberiamo Gkn, rompiamo l’assedio, tentiamo il futuro. Teniamoci libere e liberi il 25 marzo, pronti ad andare a Firenze. Sosteniamo la campagna di crowdfunding per la reindustrializzazione autogestita. Intervento pubblico ora.

presidio: articolo su città invisibile