Archivi del giorno: giovedì 3 Maggio 2012

RSU Cobas: siamo pronti al via

Un risultato elettorale che vede il nostro consenso pesantemente ridotto, pur mantenendo al COBAS il collocamento come II sindacato aziendale, e ci costringerà  ad una presenza costante e ben visibile in tutte le occasioni .

Ci sarà bisogno di un rilancio di autonoma attività   e di nuova iniziativa. Il primo obbiettivo che ci proponiamo è quello di mantenere un ruolo di rappresentanza reale e significativa alla RSU e la democrazia sindacale delle sue componenti.

In questo ci conforta l’alta partecipazione al voto, che probabilmente è stata anche stimolata dalla necessità  di schierarsi prendendo posizione nel sempre più difficile rapporto tra rappresentanze dei lavoratori (ma siamo sicuri che schierarsi all’interno della rappresentanza confederale sia davvero apportatore di maggiori tutele e maggiori diritti?).

Il COBAS vive anche un passaggio di ricambio generazionale reso molto difficile dall’assenza di prerogative e diritti sindacali che garantiscano la possibilità  di partecipazione attiva degli iscritti e simpatizzanti.

E’ possibile che molti abbiano letto la rinuncia alla candidatura di alcune figure trainanti del nostro sindacato e prima fra tutti quella di Massimo Cervelli come riduzione dell’impegno individuale e sindacale, ma in realtà è vero il contrario: la scelta di non ricandidarsi è volta a favorire il ricambio, a cercare azioni propositive che portino idee e forza vitale e non diremo ancora grazie a Massimo perchè la sua esperienza e capacità  sarà  ancora a fianco del nostro impegno.

Non dimentichiamoci che gli ultimi due anni hanno trasformato le relazioni sindacali nell’assenza di relazioni, nell’assenza dei diritti e nell’inconsistenza delle rivendicazioni e le RSU che hanno resistito (come la nostra) sono apparse assolutamente private della capacità  di proposta, vittime del regime di imposta proroga dei rappresentanti elettivi e costrette a convivere con attacchi inimmaginabili alle condizioni di lavoro e di vita.

Per la nuova RSU si prospettano anni di lavoro difficilissimi. Le tutele, i diritti, le condizioni di vita e di lavoro sono di nuovo da riconquistare. Ancora una volta dovremo agire contro privilegi  sempre più radicati e contro l’iniquità  diffusa e soprattutto contro l’assoluta assenza di nuove risorse economiche e la certa contrazione del valore di quelle presenti.

Chiameremo al confronto tutte le rappresentanze sindacali, vigileremo sulla correttezza e la coerenza dei comportamenti. Pretenderemo risposte chiare e trasparenti da tutti.

Le pretenderemo anche all’interno delle rappresentanze sindacali di base su scelte nazionali che necessitano di maggiore confronto democratico e il superamento di divisioni incomprensibili ai lavoratori.

Intanto la nostra prima iniziativa sarà  quella di riportare le priorità dei lavoratori ad essere priorità  dei tavoli di confronto.

Prima di parlare di RIORGANIZZAZIONE, di P.O, noi ripartiremo da qui:

MENSE E PUNTI RISTORO PER TUTTI, SUBITO!

TICKET AGGIORNATI, SUBITO!

INIZIATIVE IMMEDIATE PER IL CONTENIMENTO DEI COSTI DI TRASPORTO CASA-LAVORO!

SEDI E SERVIZI MIGLIORATI PER TUTTI I LAVORATORI!

INTERVENTI DELLA REGIONE PER TARIFFE AGEVOLATE NEI SERVIZI: TELEFONIA, BANCHE, ASSICURAZIONI

NO AI  SISTEMI DI VALUTAZIONE BASATI SULLA DISCREZIONALITA’ E LORO REVOCA IMMEDIATA

BOICOTTIAMO GLI O.I.V. E DENUNCIAMO LA SPESA PER QUESTI ORGANISMI INUTILI, FATTI PER PAGARE LAUTE PREBENDE

VALORIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E DEL LAVORO PUBBLICO

TUTELA DEI DIRITTI DI TUTTI I LAVORATORI CONTRO OGNI FORMA DI PRECARIATO

Diciamo grazie a chi ci ha dato e ci dà  una mano e gli chiediamo di continuare a sostenere la RSU e i nostri eletti giorno per giorno .

Formazione professionale

Qualsiasi “alta” formazione non può avvenire in base a scelte discriminatorie e tantomeno in base alla “dedizione”. Dedizione riporta ad un rapporto pre-moderno, da ancien régime, (pre – rivoluzione francese per intenderci) un rapporto di servaggio. Le scelte devono essere effettuate in base a concorsi pubblici che garantiscano le segretezza dei nomi dei candidati. E chi giudica deve essere una persona di cultura e non implicato nei giochi di palazzo. Qualsiasi altra forma è da considerarsi contraria alle norme europee contro le discriminazioni in generale ed in particolare contro quelle di genere e di età.

Bisogna che sia chiaro che una settimana di corso non basta a creare una conoscenza tale da poter assolvere un compito per il quale non si è stata formati. Solo chi non ha mai studiato non lo sa. Leggere qualche libro in più, ben scelto però, farebbe molto bene a chi crede in una formazione superficiale  e di scarsa qualità.

Revisione sistema di valutazione

Ci dovrebbero essere criteri oggettivi e trasparenti, invece la valutazione posta in essere è caratterizzata dalla massima discrezionalità e dal massimo arbitrio. E dietro la discrezionalità si annida la distorsione dei rapporti che a parole si vorrebbero corretti.

Questione di genere. Solo per fare un esempio: dipendenti della giunta regionale al 58% sono donne; le dirigenti sono il 36,1% contro il 63,9% di uomini (dati dicembre 2011). Si tratta di un indicatore che mostra come qualcosa sia andato storto, le donne sono discriminate e non solo quelle che hanno figli da crescere, ma anche tutte le altre, segno che il pregiudizio va ben oltre le situazioni di minore disponibilità e flessibilità. Cosa crea questo tetto di cristallo e perché le quote rosa per assessori e talvolta dirigenti non servono a chi sta alla base? Perché anzi creano un danno in quanto aggiungono arbitrarietà all’arbitrarietà, cioè un posto lo si ha per la quota (essere al posto giusto al momento giusto) e non per la propria capacità?

Non possiamo dimenticare il caso estremo: le accuse ad un dirigente regionale di aver favorito le sue amanti, premiandole con incarichi di po e simili: un uomo che sfrutta la sua posizione per avere amanti sarebbe da disprezzare in sé, e da allontanare (per infantilismo e prevaricazione) ma quello che qui ci interessa è che le donne che non stanno al gioco della seduzione di persone simili, messe ad occupare ruoli dirigenziali, sono svantaggiate. Non tutti i dirigenti si comportano così, è chiaro, ma il grave è che possa avvenire e che per il momento non ci siano correttivi. Un correttivo potrebbe essere la valutazione dei dirigenti da parte dei dipendenti, richiesta da più parti. Le domande potrebbero essere: è una persona corretta? È giusta o favorisce gli amici? Motiva i dipendenti e favorisce un clima sereno? È preparato? Sa di cosa si parla?

Insomma dovrebbe essere sempre trasparente quali sono le ragioni di una valutazione o di un incarico. L’assenza del dovere di indicare le oggettive ragioni che motivano la scelta crea questa possibilità di giocare su altri terreni rispetto alle capacità di lavorare (da soli e con altri): la tessera di partito, il nepotismo, la disponibilità (la docilità, potrebbe essere il termine giusto). Infatti lo stesso dirigente di cui si parlava prima, è stato accusato di aver favorito fulminanti carriere di figli di ex sindaci PD o di amiche della stessa provenienza. Saranno stati i migliori? Abbiamo dei forti dubbi. Qui sta la mancanza di rispetto della dignità dei lavoratori. Tra l’altro all’art.35 la nostra costituzione recita: la Repubblica “cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”. Qui ci sono stati casi di Alta formazione concessa ad alcuni (non in base al fatto di averla, altrimenti non avrebbero dovuto essere formati) che evidentemente erano i predestinati a fulminanti carriere: in base a quali caratteristiche, giudicate da chi?

Fino a quando regnerà la discrezionalità senza obbligo di motivazione fondata su dati certi, l’articolo 35 della costituzione non sarà rispettato. Senza obbligo di motivazione le persone abiette potranno fare i loro giochi.

Noi donne siamo certe che quando si sceglie in base alle capacità e alla creatività, noi ci posizioniamo bene. Quando invece i motivi della scelta sono occulti, fondati non su fatti ma sulla decisionalità del dirigente, noi siamo svantaggiate. Non vogliamo quote rosa (portano sempre al potere le peggiori, abbiamo casi in Regione e nel governo) che aggiungano scelte arbitrarie a scelte arbitrarie, pretendiamo che le scelte siano trasparenti e motivate e non fondate sull’arbitrio legalizzato, ma non per questo meno odioso.

Il dramma della valutazione è che molto spesso è messa in atto da persone che hanno una preparazione inferiore a quella delle persone che devono essere valutate con ovvie ripercussioni sulla credibilità delle scelte. E da persone che dal punto di vista umano hanno ben poco da insegnare sui comportamenti da tenere.

Promuoviamo quindi l’obbligo di sostenere le valutazioni e le scelte fino ad oggi discrezionali, con fatti oggettivi e verificabili.

Inoltre proponiamo anche che si metta in atto una valutazione da parte dei dipendenti del proprio dirigente, che in questo modo sarà indotto a comportarsi in modo più corretto. Nel caso in cui il dipendente percepisca di essere stato discriminato, dovrà poter essere valutato da un altro dirigente o da altra persona che ne abbia la capacità. Inoltre in questi casi dovrà essere attivata un sostegno da parte dell’RSU e dei sindacati e dalla commissione paritetica sulla valutazione.

In ultima analisi un sistema di valutazione si fonda su chi lo deve mettere in atto e quindi la maturità, l’equilibrio emotivo e relazionale dei dirigenti dovrebbe essere verificato….

RISPARMI

L’elenco predisposto dalla DG OR non è rapportato alle specificità delle differenti attività che vengono svolte dai differenti settori. Sembra impossibile, ma è così. L’elenco contiene fra l’altro la scelta di ridurre la spesa su: carta, cancelleria, benzina, trasferte, formazione, telefono, elettricità, climatizzazione (ma se sono quasi sempre rotti a Novoli!). Non si considera che la lettura di lunghi testi (leggi per esempio) sul computer non può avvenire per più di un certo tempo, se si vuole salvaguardare la salute (sicurezza nel posto di lavoro), quindi la stampa dei documenti talvolta è necessaria. Va inoltre notato che noi (non dirigenti) non siamo dotati di tablet o di computer portatili e quindi in caso di riunioni in altri uffici della regione non possiamo portarci i documenti su computer. Dotarci di opportuni strumenti informatici potrebbe costare di più della stampa della carta. Per le telefonate si potrebbe dire lo stesso, certe attività ne richiedono molte e ridurle potrebbe ostacolare il lavoro. Le missioni per alcuni settori sono necessarie per effettuare sopralluoghi e non per semplici riunioni. Mentre per le riunioni si può opportunamente optare per le teleconferenze, i sopralluoghi non possono essere sostituiti con teleconferenze. Insomma genericità, elenco pedissequo invece di elenco strategico. Sono nominate le consulenze, ma il tema non è trattato in modo approfondito e non si forniscono le quote di risparmio attese.

L’art.16 del DL 98 / 2011 al comma 4 promuove fra l’altro “riduzione dei costi della politica”. Forse qualche riduzione potrebbe derivare da questa voce, stupisce che non ce ne siano esempi nel documento presentato dall’amministrazione. Inoltre, come deterrente, sarebbe opportuno rendere pubblici i costi sostenuti per gli assessori e le segreterie politiche in modo che la popolazione possa mettere in rapporto i risultati conseguiti e le spese sostenute.

Un vero risparmio sarebbe la soppressione dell’OIV (organismo indipendente di valutazione). E’ una spesa non necessaria. Inoltre la scelta dei soggetti è discutibile e in un caso addirittura lesiva del rispetto che obbligatoriamente la nostra costituzione riconosce ai lavoratori. Giovanni Valotti ha scritto  il testo “Fannulloni si diventa” edito da Università Bocconi, dimostrando un pregiudizio negativo sui dipendenti pubblici, che da parte nostra viene rilanciato al mittente visto che lavora in una università dove la precondizione dell’accesso è la condivisione di un punto di vista neo-liberale e filo confindustriale, non certo la competenza scientifica. Stefano Franchi è un esponente di Confindustria portatore anch’esso di un pregiudizio negativo non solo contro i dipendenti pubblici, ma anche contro le attività che vengono svolte dagli enti pubblici (visti solo come laccioli, oppure come burocrazia, mentre spesso i controlli sono necessari). La terza Sabina Nuti della Scuola si Sant’Anna è stata già coinvolta dalle valutazione della sanità. Siamo convinti che la scelta dei valutatori del tutto di parte, di una sola parte, non siano in grado di valutare il lavoro della pubblica amministrazione e rappresentino invece una spesa notevole ed inutile (vorremmo sapere esattamente quanto).

La rivendicazione di salario indiretto che avanziamo come lavoratori (mense, trasporto, servizi a prezzi convenzionati), non esime l’amministrazione dal dover trovare il modo per garantire i redditi dei propri dipendenti in un contesto di continui aumenti dei prezzi, in cui non viene recuperata neppure l’inflazione. Una possibilità potrebbe essere ridurre il gap di reddito fra dipendenti e dirigenza. A mali estremi, estremi rimedi: non sono giustificati i differenziali di reddito presenti in Regione.

Riorganizzazione

Ci aspettiamo una proposta strategica di riorganizzazione dell’ente, che non si muova in base ad emergenze ma sia in grado di affrontare in modo programmatico le priorità della società toscana (a cui rispondere attraverso l’erogazione di servizi, la predisposizione di regole, poche e chiare, e l’erogazione di finanziamenti). Pensiamo alla cura degli anziani e dei bambini, alla casa, alla sanità, solo per fare degli esempi.

Prima di tutto ci aspettiamo che l’ente non si limiti ad affermare a priori e per partito preso che “il numero complessivo dei dipendenti sia sufficiente a reggere le cessazioni” per poi ammettere che è presumibile che ci saranno uffici che necessiteranno di altro personale. Bisogna invece ammettere che in assenza di quantità di lavoratori adeguati al carico di lavoro sarà necessario ripensare le attività e se necessario ridimensionarle in base ad un ordine di priorità. Il tempo di lavoro necessario per ogni attività non può essere compresso, pena una riduzione di qualità, o in alcuni casi una impossibilità di espletamento. I compiti potrebbero essere ridefiniti e ridimensionati eliminando la burocrazia, cioè individuando modi di lavoro più intelligenti. Le norme, evidentemente eccessivamente numerose e quotidianamente incrementate incessantemente senza curarsi delle incongruenze e delle antinomie (contraddizione fra leggi), devono essere ridotte e semplificate: lo si dice sempre ma fino ad oggi c’è stato un loro aumento e con esse molto spesso aumenta il nostro carico di lavoro.

Auspichiamo che le capacità e le professionalità acquisite dai dipendenti attraverso gli studi e le pratiche professionali siano utilizzate al meglio. Questo troppo spesso non avviene anche perché la dirigenza con una formazione “manageriale” differente da quella tecnica necessaria per i vari settori, non è in grado di valutare le competenze tecniche. Quindi viene premiata la “dedizione” (tanto cara all’epoca pre-moderna), ma non la competenza. L’idea che i dirigenti siano manager che devono saper organizzare il personale ed il lavoro ma non devono conoscere la materia tecnica propria del loro settore, risulta spesso deleteria perché chi non conosce la materia non sa valutare le conoscenze del personale, né conosce i tempi necessari per fare (bene) un lavoro tecnico. Al contrario, per poter agire su contesti specifici attraverso opportuni strumenti tecnici, occorre una interpretazione soddisfacente e credibile dei meccanismi che li muovono.

L’innovazione richiede di valorizzare la creatività dei dipendenti e la loro autonomia e questo non si sposa certo con l’idea di promuovere e cercare in loro dedizione e accettazione succube, docilità, da premiare.

Auspichiamo un cambiamento di passo.

Finita l’epoca del turn over zero statuito per il 2012, auspichiamo nuove assunzioni che dovranno avvenire per concorso pubblico ed essere a tempo indeterminato. Non per cooptazione.

Mobilità coatta?

L’amministrazione applica il turn over 0 per il 2012 con la finanziaria 2012 e lo promuove anche per il 2013-14: bisogna risparmiare, ma sempre sui soldi e sui diritti degli altri. Quindi, è il discorso dell’amministrazione, solo la mobilità potrà coprire situazioni in cui il personale è insufficiente. La loro ipotesi è che il nostro numero sia sufficiente a coprire le esigenze, e che talvolta sia mal distribuito. La mobilità è chiamata a rispondere alle criticità nate dai pensionamenti oppure dalla necessità di potenziare uffici o crearne di nuovi in base alle richieste che potrebbero venire dalla giunta. L’immagine che si trae da queste proposte di uso della mobilità è un movimento estemporaneo fondato sulle emergenze del giorno per giorno, senza una programmazione.

Dal nostro punto di vista, per potersi spostare in uno specifico settore il dipendente dovrebbe averne le competenze e la disponibilità a farlo, ma se non si trova nessuno disponibile volontariamente, l’amministrazione pensa alla mobilità coatta: una scelta molto grave perché lede la dignità del lavoratore. Magari uno non si vuole spostare perché ci tiene ad utilizzare una competenza acquisita oppure delle conoscenze di cui è portatore, che utilizza dove è e non utilizzerebbe dove sarebbe trasferito. E’ davvero utile per l’amministrazione fare una prova di forza (o meglio di prepotenza)? Non potrebbe essere che il dipendente ha più buon senso e preferisce fare ciò che sa fare invece di ciò che non sa fare? La formazione sarebbe chiamata a far conoscere ciò che è necessario per il nuovo lavoro, ma ci sono delle materie che non permettono una conoscenza superficiale. Invece la regione fa come se in una settimana uno potesse acquisire competenze che richiedono anni per rendere davvero capaci di risolvere i problemi in modo appropriato e creativo. Solo chi interpreta i fatti in modo appropriato (con l’ausilio della conoscenza) può trovare soluzioni efficaci ed efficienti. Bisogna evitare improvvisazione e pressapochismo che invece sembrano andare per la maggiore…